lunedì 30 maggio 2016

Risotto con crema di zucchine e curcuma

Le prime zucchine romane della stagione le ho utilizzate per fare un risotto. Dopo averle scottate, le ho ridotte a purea, le ho aggiunte a metà cottura nel riso che ho tostato insieme ad un po’ di curcuma. La curcuma l’ho aggiunta anche al brodo vegetale. E’ un risotto delicato, ma con gusto.



Risotto con crema di zucchine e curcuma



Ingredienti:

380 g di riso Arborio
4 zucchine romane medie
80 g di Parmigiano Reggiano o Grana Padano
30 g di burro
1 cucchiaino di curcuma in polvere
1.5 litri circa di brodo vegetale (carota, cipolla dorata, sedano, pomodorini e un pizzico di curcuma)
1 cucchiaio di vino bianco secco
olio extra vergine di oliva
pepe nero



Preparazione:

Si lavano bene le zucchine si tagliano a piccoli tocchetti, si mettono in una padella con olio extra vergine di  oliva, si fanno scottare. Una parte si mette in un boccale del mixer, si aggiunge un po' di curcuma, sale e pepe nero, si frulla per ottenere una purea.
In un tegame si fa tostare il riso con la curcuma, si sfuma con il vino e poi si aggiunge un mestolo di brodo vegetale, si gira e si prosegue la cottura aggiungendo il brodo ogni volta che il precedente è stato assorbito. A metà cottura si aggiunge la purea di zucchine e si prosegue la cottura aggiungendo il brodo vegetale e girando. A fine cottura si toglie dal fuoco, si manteca con il burro e due cucchiai di parmigiano grattugiato. Si copre e si lascia riposare.
Si serve aggiungendo a piacere altro parmigiano grattugiato e le restanti zucchine.




giovedì 26 maggio 2016

Insalata di fagioli borlotti, cipolotti, ravanelli, pomodori secchi ed olive di Gaeta


Vincenzo Campi Mangiatore di fagioli con la famiglia
Collezione privata

… E mentre ch'ei stette in quella corte, ogni cosa andò di bene in meglio; ma essendo egli usato a mangiar cibi grossi e frutti selvatichi, tosto ch'esso incominciò a gustar di quelle vivande gentili e delicate s'infermò gravemente a morte, con grandissimo dispiacere del Re e della Regina, i quali dopo la sua morte vissero sempre sotto una vita trista e infelice.
I medici non conoscendo la sua complessione, gli facevano i rimedi che si fanno alli gentiluomini e cavalieri di corte; ma esso, che conosceva la sua natura, teneva domandato a quelli che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere, perché sapeva lui che con tal cibi saria guarito; ma i detti medici mai non lo volsero contentare. Così finì sua vita con questa volontà, colui ch'era tenuto un altro Esopo da tutti, anzi un oracolo, e fu pianto da tutta la corte, e il Re lo fece sepelire con grandissimo onore, e quei medici si pentirono di non gli aver dato quant'esso gli addimandava nell'ultimo, e conobbero che egli era morto per non l'aver essi contentato. E il Re, a perpetua memoria di questo grand'uomo, fece scolpire nella sua sepoltura in lettere d'oro i seguenti versi in forma d'epitafio, facendo vestire di nero tutta la sua corte, come se fosse morto uno dei primati di quella.

Epitafio di Bertoldo
In questa tomba tenebrosa e scura
Giace un villan di sì difforme aspetto,
Che più d'orso che d'uomo avea figura;
Ma di tant'alto e nobile intelletto
Che stupir fece il mondo e la natura.
Mentr'egli visse e fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re; morì con aspri duoli
Per non poter mangiar rape e fagiuoli.

Giulio Cesare Croce, Bertoldo e Bertoldino (col Cacasenno di Adriano Banchieri) 


 Lo spunto di oggi viene da un quadro cinquecentesco di Vincenzo Campi e dai famosi racconti seicenteschi con protagonista l'astuto contadino Bertoldo.
Il quadro di Vincenzo Campi Mangiatore di fagioli con la famiglia, rappresenta un contadino intento a mangiare una scodella di fagioli insieme alla moglie ed il figlio. È stato esposto l'anno scorso (2015) in una mostra tenuta a Brescia e s'inscrive al genere denominato "pittura ridicola", allo stesso genere appartiene i Mangiatori di Ricotta sempre di Vincenzo Campi; un filone che ebbe  molto successo in Lombardia nel Cinquecento, il cui scopo era quello di provocare ilarità nello spettatore rappresentando personaggi di umili origini, intenti a mangiare con godimento i cibi “poveri”. 
Allo stesso filone, si potrebbe dire giocoso, appartengono i racconti di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, scritti da Giulio Cesare Croce e da Adriano Banchieri,  pubblicati  nel 1620. I racconti derivano da delle novelle in particolare medievali, che narrano la storia dell'astuto contadino Bertoldo, della moglie Marcolfa e del figlio Bertoldino che si ritrovarono a vivere nella corte del re Alboino, perché il re ammirando il suo fine ingegno voleva averlo vicino come fidato consigliere.
Il passo riportato è la parte in cui Bertoldo si ammala per aver mangiato cibi raffinati della corte e viene curato dai medici con rimedi elaborati per i signori ed i cavalieri, ma egli sapeva che per guarire bastava che gli preparassero del cibo più adatto alla sue umili origini: “una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere”,  purtroppo non fu accontentato e morì di atroci dolori.  
I quadri di Vincenzo Campi e i racconti di Bertoldo rappresentano perfettamente le teorie dell'epoca sull'alimentazione, basate sulla contrapposizione sociale. Si pensava che si dovesse “mangiare secondo la qualità della persona” vale a dire non solo in base alle caratteristiche individuali, ma anche in base allo stato sociale. Prodotti come legumi, cipolle, aglio e rape che crescevano a terra, erano adatte agli stomaci dei contadini, mentre per gli stomaci aristocratici erano più adatti cibi raffinati ed elaborati. Si pensava inoltre, che se un contadino consumava alimenti destinati all'aristocrazia, avrebbero potuto ammalarsi.
Proprio i fagioli, cipolle, rape (ravanelli) sono i protagonisti di questa insalata a cui ho aggiunto pomodori secchi ed olive di Gaeta.



Insalata di fagioli borlotti, cipolotti, ravanelli, pomodori secchi ed olive di Gaeta



lunedì 23 maggio 2016

Croissant parigini

Da tempo che volevo provare a fare i croissant francesi o i cornetti italiani, grazie alla lettura di una discussione sul forum Gennarino, ho preso coraggio. La discussione fornisce tecniche, consigli oltre a delle ricette di grandi pasticceri, io ho provato quella di Iginio Massari, per l'appunto i Croissant parigini.
La ricetta forniva due metodi di lievitazione: quello diretto vale a dire si lascia lievitare l'impasto per 2 ore a temperatura ambiente e quello indiretto che si fa lievitare in frigo a 4 gradi per 12 ore circa; io ho scelto il primo, il metodo diretto. Ho fatto metà dose di quella trascritta e ne sono venuti fuori circa 25 cornetti non tanto grandi. Devo ancora perfezionare alcuni punti, tuttavia il sapore era ottimo, oltre ad essere leggeri. 




Croissant parigini



giovedì 19 maggio 2016

Pizzette di pasta sfoglia con cozze

Mi capita di fare queste pizzette come antipasto, quando faccio un pranzo o una cena a base di pesce. Sono abbastanza veloci oltre che semplici da preparare, in genere riscuotono successo. 



Pizzette di pasta sfoglia con cozze



Ingredienti: 

Per 30 pizzette

2 rotoli di pasta sfoglia fresca rettangolare
150 g circa di passata di pomodoro
30 cozze fresche 
1 spicchio di aglio
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

In un tegame si fa imbiondire l’aglio, si aggiunge la passata di pomodoro, si sala e si pepa e si fa cuocere per 15 minuti circa. 
Si puliscono le cozze, si fanno aprire in una padella coperta per 5 minuti circa. Si separano le valve dai molluschi. Una volta fredde si condiscono con olio extra vergine di oliva, sale e pepe nero.
Si srotola la pasta sfoglia, si divide in tanti quadrati di 5 cm circa, si trasferiscono su una placca da forno ricoperta di carta forno; si condiscono con la salsa di pomodoro. Si mettono in frigo.
Si porta il forno a 180°-200° C si infornano le pizzette, si fanno cuocere per 15 minuti circa dipende dal forno, fino a che diventano gonfie. Una volta cotte si deposita su ogni pizzetta una cozza condita, si rimettono in forno per 2 minuti. 
Passato il tempo si lasciano raffreddare.




Pizzette di pasta sfoglia con cozze




lunedì 16 maggio 2016

Tagliolini con crema di fagioli borlotti, finocchietto selvatico ed curcuma con guanciale cotto al vino

Mi è sempre piaciuto il finocchietto selvatico con le sue foglie filiformi e odorose, ottime per condire carne, pesce e non solo. Come in questo caso l'ho unito a dei fagioli borlotti e curcuma il tutto ridotto in crema, per condire dei tagliolini. Ho aggiunto alla fine anche il guanciale cotto con un po' di vino bianco.


Tagliolini con crema di fagioli borlotti, finocchietto selvatico ed curcuma con guanciale cotto al vino


Ingredienti:

400 g di tagliolini all'uovo freschi
250 g circa di fagioli borlotti cotti in precedenza 
100 g di guanciale 
un mazzettino di finocchietto selvatico (io del mio balcone)
1 cucchiaino di polvere di curcuma
1 cucchiaio di vino bianco secco
olio extra vergine di oliva
sale 
pepe nero


Preparazione:

Si taglia il guanciale a listarelle, si mette in un tegame con il vino, si copre e si lascia cuocere a fuoco molto basso, fino a che il guanciale sarà cotto.
Nel boccale di un mixer si mettono i fagioli borlotti cotti in precedenza, alcune ciuffi di finocchietto selvatico, curcuma, un pizzico di sale, pepe nero ed un filo di olio extra vergine di oliva. Si frulla il tutto fino ad ottenere una purea.
Si porta ad ebollizione l'acqua, si fa cuocere la pasta,  prima di scolarla si trasferisce la purea di fagioli e finocchietto selvatico in una padella, si aggiunge un po' di acqua di cottura della pasta e si trasferiscono i tagliolini, si fa amalgamare il tutto, se occorre si aggiunge altra acqua di cottura. S'impiatta e si aggiunge il guanciale cotto al vino, i restanti ciuffi di finocchietto selvatico ed a piacere il parmigiano grattugiato.




giovedì 12 maggio 2016

Penne con pesto di nocciole e tonno

In tante riviste ho letto che prima di utilizzare la frutta secca, per fare alcuni pesti, viene fatta reidratare e scottare leggermente in acqua calda, questo oltre ad agevolare l'eliminazione della pellicina rende anche più cremoso il pesto. Così ho fatto per questo pesto di nocciole a cui ho aggiunto anche una parte di tonno, erba cipollina e zenzero fresco.  



Penne con pesto di nocciole e tonno




Ingredienti:

380 g di penne rigate
120 g di nocciole sgusciate ma con la pellicina
160 g di tonno sott'olio
1 cm di radice di zenzero fresco
1 spicchio di aglio
alcune fili di erba cipollina fresca
4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
sale 
pepe nero


Preparazione:

Si porta ad ebollizione l'acqua si versano le nocciole con la pellicina, si lasciano per 4-5 minuti, si scolano, si lasciano intiepidire e si toglie la pellicina. Si mettono in un boccale di un mixer, si aggiungono alcuni fili di erba cipollina, metà del tonno, lo spicchio di aglio, la radice di zenzero, si frulla con piccoli scatti aggiungendo a filo l'olio extra vergine di oliva, si sala e si pepa.
Nel frattempo si fa cuocere la pasta, si scola e si lasciano 2-3 cucchiai di acqua di cottura della pasta che si unisce al pesto. Una volta scolata la pasta, si trasferisce in una zuppiera e si condisce con il pesto. S'impiatta e si aggiunge su ogni piatto un po' di tonno sbriciolato e l'erba cipollina. 




lunedì 9 maggio 2016

Pane e frittata

… dopo un poco di ore che la frittata sta nel pane, noi diciamo che “sponza” cioé… la frittata si mischia col pane e diventa tutt´uno ... 
Se sfragna... praticamente...
non si capisce dove finisce il pane e comincia la frittata. 
Basilicata coast to coast


 Pane e frittata è un dei quei classici panini che ho amato fin da bambina.  Mi ricorda le gite fuori porta, tempi felici e spensierati, quando si portavano i panini da casa, per l'appunto con la frittata semplice o “arricchita” di verdure ed erbe. Il bello veniva quando era il momento di scartare l'involucro con cui i panini erano accuratamente sigillati da mia madre, e trovare la sorpresa del pane e la frittata che per il tempo trascorso insieme diventavano un tutt'uno odoroso e gustoso; così come ha ben evidenziato Rocco Papaleo nel film Basilicata coast to coast.





Pane e frittata 
Il pane e frittata di mia madre
non si batte,
perché non è che bastano due fette di pane e la frittata per fare
il pane e frittata che fa mia madre.
Se al pane e frittata che fa mia madre gli levi mia madre,
rimane un panino con la frittata
generico, semplice, banale, ordinario.
Se invece al pane e frittata che fa mia madre gli levi il panino con la frittata, 
rimane
mia madre.
Che può sempre farmene un altro
che magari le viene meglio,
o peggio.
Lì uno può sempre fare dei paragoni
oltre al gusto del pane con la frittata c'hai il gusto della sorpresa
dell'imprevisto, che è il sale della vita
e anche di quel pane e frittata.
Il pane e frittata senza mia madre è orfano,
è un panino senza background, senza memoria, senza cultura
è un panino che li per li ti sfama pure,
però non ti appassiona,
non ti fa crescere.
Il pane e frittata senza mia madre è un panino ripieno di un vuoto
e alla fine lo senti,
quel retrogusto
di un gusto
che non è il tuo.



Pane e frittata



Nell'impasto dei panini ho aggiunto semola di grano duro e semolato semintegrale di grano duro senatore Cappelli che li ha resi un po' più rustici. Li ho riempiti con tranci di frittata con le cipolle di Tropea, parmigiano e prezzemolo. Li ho accompagnati con foglie di insalata cappuccina e radicchio di  Chioggia.




giovedì 5 maggio 2016

Riso con piselli e gamberetti, in salsa di soia, tabasco e zenzero

È un riso saltato in padella con curcuma, piselli, gamberetti a cui ho aggiunto una salsa composta di soia, tabasco, zenzero fresco ed olio extra vergine di oliva. 


Riso con piselli e gamberetti, in salsa di soia, tabasco e zenzero




Ingredienti:

380 g di riso Arborio
400 g circa di piselli freschi sgranati (900 g circa di piselli interi)
300 g di gamberetti sgusciati
3 cucchiai di salsa di soia
1 cucchiaino di salsa di Tabasco
1 cm di radice di zenzero fresco
mezzo cucchiaino di polvere di curcuma
olio extra vergine di oliva
pepe nero


Preparazione:

Si lessano i piselli in acqua bollente per circa 5 minuti, si scolano bene e si mettono da parte. Si fanno scottare in acqua calda per 2 minuti i gamberetti. Si scolano e si mettono da parte.
In un scodella si mette la salsa di soia, la salsa di Tabasco, lo zenzero grattugiato, il pepe ed  un filo di olio extra vergine di oliva, si mescola il tutto.  
Si fa cuocere il riso in acqua calda salata per 10-12 minuti, si scola bene al dente.
In una larga padella si fa scottare la curcuma, si aggiunge il riso e si fa insaporire, si aggiungono i gamberetti ed i piselli, si mescola un po' infine si aggiunge la salsa composta di soia, tabasco, zenzero ed olio extra vergine di oliva. Si fa insaporire il tutto e si serve.



lunedì 2 maggio 2016

Penne con pomodorini, agretti e scorze di limone

Ho una passione per gli agretti o barba di frate o senape dei monaci o altri nomi che non conosco. Di questi fili verdi dal sapore acre e acidulo ne faccio incetta in questo periodo, sfruttando la disponibilità, purtroppo, di questi mesi dell'anno. Mi piacciono semplicemente conditi con olio e limone, come contorni con la carne e pesce, oppure per condire la pasta come Tonnarelli con agretti, nocciole e Fiocco della Tuscia
Oggi li propongo come condimento delle penne insieme ai pomodorini e le scorze di limone.



Penne con pomodorini, agretti e scorze di limone


Ingredienti:

400 g di penne
500 g di pomodorini ciliegino
200 g di agretti 
25 g di Parmigiano Reggiano o Grana Padano
scorza di un limone
1 spicchio di aglio
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

Si puliscono per bene gli agretti, si scottano in acqua calda. 
Si tagliano i pomodorini in quattro, si mettono da parte.
Si porta l'acqua ad ebollizione della pasta, nel frattempo che cuoce si fa imbiondire uno spicchio di aglio in padella, appena cotta la pasta si versa nella padella, si manteca con un po' di formaggio, si aggiungono gli agretti ed i pomodorini, si fa saltare alcuni minuti, si aggiunge un filo di olio extra vergine di oliva,  una macinata di pepe nero e le scorze di limone. Si serve.